Quella che state leggendo è una piccola storia italiana scandita in dieci anni che parla di sogni, errori di gioventù, di ambizione, cocciutaggine, successi e fallimenti, di quel momento della vita in cui la mamma vi dice che dovreste cominciare a cercarvi un lavoro serio, ma voi proprio non riuscite a gettare la spugna e abbandonare i sogni del rock 'n roll.
Collisioni è una storia che parla di provincia, nel senso più oscuro del termine, quando all’università, nel weekend, prendi il treno per tornare in campagna, e sai che il sabato sera le strade della città si animeranno di vita, mentre tu sarai lì ad ascoltare i grilli e a consumare da solo il tuo cd di Bob Dylan. Nessuno poteva immaginarsi allora che Dylan sarebbe stato così folle da venire a suonare nelle piazzette di quella provincia agricola, e che il pubblico di città si sarebbe dovuto spostare in campagna per ascoltarlo.
La provincia in questione sono le Langhe piemontesi, terre del Barolo e del tartufo bianco. Posti di campagna di cui i cittadini si limitano a dire sempre “da voi si mangia e si beve bene” come se nella vita non ci fosse altro. Posti dove se hai studiato lettere o filosofia ti senti un fallito, o un emarginato. Uno che non verrà mai preso sul serio e che nella migliore delle ipotesi si trasformerà in un esperto di marketing per scrivere brochure sulla bellezza e la bontà di quei vini. Quello che leggerete qui è la storia di un sogno e di un riscatto, e insieme un appello accorato ai giovani perché non intraprendano mai un’avventura come questa.
SE INVECE CERCAVI LO STORICO CONCERTI + FESTIVAL PAESE VAI QUI
( peccato, era una bella storia....)
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Dal nulla, Collisioni
Quella che state per leggere è una piccola storia italiana scandita in tredici anni che parla di sogni, errori di gioventù, di ambizione, cocciutaggine, successi e fallimenti, di quel momento della vita in cui la mamma vi dice che dovreste cominciare a cercarvi un lavoro serio, ma voi proprio non riuscite a gettare la spugna e abbandonare i sogni del rock 'n roll.
Collisioni è una storia che parla di provincia, nel senso più oscuro del termine, quando all’università, nel weekend, prendi il treno per tornare in campagna, e sai che il sabato sera le strade della città si animeranno di vita, mentre tu sarai lì ad ascoltare i grilli e a consumare da solo il tuo cd di Bob Dylan. Nessuno poteva immaginarsi allora che Dylan sarebbe stato così folle da venire a suonare nelle piazzette di quella provincia agricola, e che il pubblico di città si sarebbe dovuto spostare in campagna per ascoltarlo.
La provincia in questione sono le Langhe piemontesi, terre del Barolo e del tartufo bianco. Posti di campagna di cui i cittadini si limitano a dire sempre “da voi si mangia e si beve bene” come se nella vita non ci fosse altro. Posti dove se hai studiato lettere o filosofia ti senti un fallito, o un emarginato. Uno che non verrà mai preso sul serio e che nella migliore delle ipotesi si trasformerà in un esperto di marketing per scrivere brochure sulla bellezza e la bontà di quei vini. Quello che leggerete qui è la storia di un sogno e di un riscatto, e insieme un appello accorato ai giovani perché non intraprendano mai un’avventura come questa.
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( peccato, era una bella storia....)
2009
L'anno in cui tutto ebbe inizio
Un gruppetto di giovani non ancora trentenni cominciò a ritrovarsi spontaneamente in un paesino delle Langhe chiamato Novello, rubando le sedie al bar della piazza, e portandole fuori per sedersi in cerchio e discutere un festival che sarebbe nato proprio quell'estate. Chissà per quale motivo pensavano che un festival dovesse essere la risposta a tutti i loro problemi: c'erano i filosofi del rock, che ancora non erano usciti pienamente dal trip dei bagni del licelo, e dalle prime canne fumate ascoltando Roger Walters. C'era chi era stanco di restare confinato nel solito giro di amici, molte ragazze cercavano un fidanzato, o cercavano di mollare il loro e trovarne lì uno nuovo. Un grande evento rock era nell'aria. Con tutti i sogni e le speranze che di solito soffiano sempre con la musica rock. Nessuno sapeva chi lo avrebbe pagato, chi avrebbe montato i palchi. Ma era certo che si sarebbe fatto. Era troppa l'energia, e arrivavano, in quei pomeriggi di domenica, operai e panettieri, estetiste e impiegati, e tutti avevano una loro idea su cosa dovesse diventare quel festival. Idee molto diverse, ma accomunate dalla speranza e dalla certezza che qualcosa sarebbe cambiato.
Poi arrivò quel nome. Uno di noi aveva letto ad alta voce una poesia di Cesare Pavese in cui si ripeteva per cinque volte la parola collina. E in un impeto futurista venne fuori la parola COLLISIONI. Un titolo che aveva dentro una vena di ribellione rock, il bisogno di superare gli steccati tra generi diversi, letteratura, cinema, musica, ma anche quei confini di campi, vigne e colline in cui si era forgiata la mentalità arcaica dei nostri nonni.
"Quest'estate ci sarà Collisioni" si ripetevano i giovani nelle strade di Alba
"Vado su a Novello per organizzare Collisioni"
E non pareva nemmeno più un festival, ma una rivoluzione a chi tutti dovevano prendere parte. I festival del Piemonte avevano tutti nomi seri, compassati, e quella parola, Collisioni, spaventava chi aveva più di 50 anni, come qualcosa di oscuro e minaccioso. Però parlava al cuore dei più giovani, di chi non si riconosceva negli eventi che organizzavano i cinquantenni, e forse credeva che Collisioni avrebbe dato voce a una nuova generazione. I vecchi, gli imprenditori del luogo erano preoccupati, dicevano che quei giovani erano pazzi, che qualcuno si sarebbe fatto male. E poi Collisioni arrivò. Migliaia di giovani da tutto il territorio accorsero ad ascoltare gli scrittori, i musicisti, gli attori che parlavano sulle piazzette di Novello. Tutti gli ospiti quell’anno vennero al festival a proprie spese. I volontari che andavano a recuperarli a Torino, a Milano, pagavano la benzina. Chi arrivava da più lontano dormiva nella chiesa di Novello, per terra, col sacco a pelo, e il giorno seguente le ragazze tentavano di lavarsi nelle scuole materne del paese. Fu così che nacque il popolo dell’Agrirock, e le colline vennero invase di giovinezza, un po’ come doveva essere accaduto durante la resistenza fiorirono di fazzoletti colorati. Al termine del festival, esaltati dal successo trovammo su internet l’email dell’agente europeo di Bob Dylan. Pieni di vanagloria e successo gli mandammo una lettera appassionata, in cui gli parlavamo di Collisioni. Ovviamente nessuno rispose.
2010
L'anno del dubbio
Collisioni doveva rimanere unico, un'alchimia di successo che non poteva più ripetersi o doveva essere la prima di tante edizioni? Per noi non c’era dubbio. Ma la nostra ingenuità era davvero immensa. Pensavamo, dato il successo di Collisioni e il potenziale che tutti riconoscevano al festival, che bastasse chiedere in prestito la giacca della festa al proprio padre e chiedere appuntamento a coloro che amministravano il denaro, per convincerli a dirottare su Collisioni quelle risorse che venivano spese annualmente su festival moribondi. Fu l’anno del disincanto. Ci riportarono alla realtà chiudendoci la porta in faccia. Ma andammo avanti, con la seconda dizione. Venne il triplo della gente. E in Italia si cominciò a parlare del festival Agri-rock.
2011
Il terzo e ultimo anno a Novello
E certamente l’ultimo anno della giovinezza di Collisioni. Gli albergatori e i commercianti del posto prima del festival vennero a dirci che intendevano collaborare con Collisioni. Questo voleva dire che Collisioni cominciava a muovere un’economia di posti letti, di ristoranti. E che stava cominciando ad essere accettato dal territorio come parte della sua vita economica e sociale. Arrivarono i primi sponsor. Riuscimmo a rimborsare un po’ di benzina ai volontari. Venne circa cinque volte il pubblico della prima edizione. Cominciammo a riflettere sui problemi di sicurezza, sulla necessità di organizzarci meglio, e soprattutto sullo spinosissimo tema del biglietto, tema che ci terrorizzava prima di tutto da un punto di vista ideologico.
2012
Tutto cambiò
Tutto cambiò quando ricevemmo una mail molto stringata e formale dall’agente di Dylan che ci invitava a Londra per un incontro. Partimmo con un volo low cost la sera, e ci ritrovammo a dormire sui pavimenti dell’aeroporto di Stansted, raccogliendone tutta la polvere e l’unto, in attesa che partisse il primo pullman per Londra. Arrivati a destinazione, sporchi e spettinati, facemmo anticamera in un bellissimo corridoio, per essere poi accolti in ufficio di vecchio stile inglese, con scrivania di mogano, acquario di pesci tropicali e dischi d’oro e di platino appesi alle pareti. L’agente di Dylan era un uomo elegante, avanti con gli anni, con occhiali rossi. Ascoltò la nostra storia sgangherata, senza battere ciglio. Poi ci spiegò che la musica funzionava diversamente. Che c’erano contratti, tour e che vedeva impossibile un concerto di Dylan a Collisioni. Tornammo a casa un po’ scornati, ma contenti di aver fatto quell’incontro leggendario. Cominciammo a organizzare la quarta edizione di Collisioni, quando ricevemmo una seconda mail in cui c’era scritto che Dylan era disponibile a venire a Collisioni, per l’unica data del 50esimo anniversario di Blowin’ in the Wind. Ci riunimmo subito d’urgenza. Servivano soldi. Ci attaccammo al telefono per chiamare tutti i compagni di scuola delle elementari, le ex fidanzate. Tutti coloro che ora erano a guida di un’azienda ma che al liceo avevano sognato per un attimo di essere Jim Morrison. E ci appellammo a quelle antiche ambizioni. A quello spirito di allora, per chiedere prestiti. Fu un miracolo raggranellare i soldi del primo anticipo. Da Novello fummo costretti a scendere a Barolo, che aveva una piazza più grande. Fummo costretti ad introdurre un biglietto popolare. Ci furono sollevazioni su facebook, sui giornali, con gente che diceva che si era perso il vero spirito di Collisioni, che la musica era arte e non commercio, e tutto sarebbe dovuto essere gratis. Con grande terrore di non essere stati compresi, affrontammo la nuova edizione che fu un clamoroso successo, con oltre 100mila spettatori in un paese di 700 abitanti. Al termine del concerto di Dylan, i vecchi del paese dissero che non era veramente lui, ma una controfigura di una cover band che avevamo ingaggiato per l’occasione.
2013
L’anno in cui Collisioni rischiò di chiudere
La fama del concerto di Dylan in quel posto sconosciuto che portava però il nome di un grande vino aveva fatto il giro dell’Europa. Gli agenti italiani cominciavano a prendere in considerazione Collisioni. Vennero annunciati Elton John, Jamiroquai e molti altri artisti. Poi vi fu l’annullamento del concerto di Elton John. Non avevamo alcuna assicurazione. Non sapevamo cosa fosse un’assicurazione. Quando si sparse la notizia venimmo insultati su Facebook, sui giornali. Molti dissero che era solo una trovata pubblicitaria. Che in realtà l’artista non si sognava nemmeno di venire a Barolo. I nostri debiti arrivarono a cifre astronomiche, ci inginocchiammo di fronte alle banche, chiedendo perdono e promettendo che avremmo lavorato sodo. Il festival era stato un successo. Ma non sarebbe bastato per salvarci se quel festival non fosse ormai entrato nel Dna delle Langhe, dei produttori di vino, e non fosse diventato ormai parte della storia e della vita di quel territorio. Così molti produttori ci aiutarono, anche privatamente, senza che il loro aiuto diventasse mai pubblico. E salvammo la pelle in quell’anno terribile.
2014
Era chiaro che eravamo dei dilettanti
Ma Collisioni ormai spostava numeri tali che non potevano più essere gestiti così. Ci organizzammo. La sfida era mantenere lo spirito del festival, senza farlo diventare qualcos’altro. Fu una stupenda edizione. Minacciata dalla pioggia, con tutti noi a testa in su a controllare i nuvoloni all’orizzonte e lo staff di Neil Young che distribuiva t-shirt al pubblico e agli spettatori dell’area disabili per farli stare all’asciutto. Alla fine Neil salì sul palco in splendida per uno dei concerti più sensazionali della sua carriera. E cominciammo a tornare a galla.
2015
Forse l’edizione più affollata di tutta la storia di Collisioni
Barolo cominciava a stare stretta a Collisioni. Il troppo successo stava mettendo a repentaglio l'identità e l'esistenza del festival. Eravamo a un bivio: continuare a crescere nei numeri, spostandoci nel parcheggio di un centro commerciale o nella piazza di una grande città, o restare nelle Langhe mantenendo lo spirito Agri-rock. Scegliemmo questa seconda ipotesi. Era assurdo da un punto di vista economico. Ma fu la scelta giusta per salvaguardare l’identità di un festival che senza le colline in cui era nato, non avrebbe più avuto alcun senso.
2016
Improving
Un’ottima edizione che segnò il ritorno di un Elton John in gran forma. E la risoluzione dei problemi logistici che avevano assillato Collisioni. Ci concentrammo sui trasporti, sulle code agli ingressi, sull’aiuto ai disabili. Fu una grande edizione, vivibile, che il pubblico ancora ricorda come una delle più belle.
2017
Il decennale
La storia del festival Agrirock è una storia di tenacia, a volte di sofferenza. Quando qualcosa sembra risolto ecco che una nuova sfida ancora più terribile si profila all’orizzonte. Immaginate per un attimo cosa significa organizzare un festival a Barolo, capitale del vino e delle bottiglie di vetro, a pochi giorni dai tragici fatti di Torino, con il vetro libero trasformatosi in poltiglia per terra a ferire i tifosi di piazza San Carlo. A nulla era valso il fatto che da sempre il comune di Barolo applicava con rigore la normativa nazionale sul vetro nei grandi eventi. A nulla valse la storia di Collisioni, e l’impegno per la sicurezza, che ha permesso in questi dieci anni di non assistere mai a un incidente. Si rischiava un clima che ricordava più Beirut di Barolo, con polizia e cani dappertutto, camionette dei vigili del fuoco, ambulanze in ogni dove che rischiavano di trasformare una festa in un raduno della polizia. Ma non fu così, e Robbie Williams, i Placebo, gli Offspring riuscirono a portare al pubblico di Collisioni una grande energia e gioia, superando quel clima di terrore e non lasciando che la paura avesse la meglio. Collisioni fu un successo. Il numero di spettatori crebbe. E anche se ammaccati dai costi della sicurezza, superammo la decima edizione
2018
Musica tra le vigne
Ogni giorno continuano i pellegrinaggi dei fan che da tutto il mondo vengono a Barolo per capire dove ha suonato Dylan o Sting o dove dormiranno i Depeche Mode o Lenny. Non ci resta che sederci con un buon calice di Barolo e ascoltare i meravigliosi brani musicali di questa raccolta, ricordando con un po' di nostalgia con chi eravamo sotto al palco in quella bella serata d’estate a Barolo. Canzoni e ballate dei tanti artisti che hanno reso celebre nel firmamento del rock un antico borgo di collina che porta il nome di un grandissimo vino. Qualcuno ha scritto che le vacche producono migliore latte se ascoltano la musica di Bach nelle stalle. E non è da escludere che anche le vigne non possano essere aiutate dai grandi concerti rock, e le tante melodie non aiutino a far maturare meglio i preziosi grappoli d’uva da cui nasce il Barolo. Quando le chitarre si scatenano, e i suoni del basso si perdono nel buio lungo i filari. Lo sapremo in futuro, assaggiando le vecchie annate, quando forse il festival non ci sarà più e stappando una vecchia bottiglia, leggeremo l'annata e ci ricorderemo che allora c'era un festival chiamato Collisioni. E le vigne abbarbicate sulle loro colline attenderanno ancora nel loro stupore botanico che una nota rompa il silenzio, per ascoltare le melodie di un nuovo concerto a Collisioni.